Prendo in prestito il titolo di un libro di poesie, per questo post. Imàgenes Trasmundo, di Benny Nonasky. Mi è tornato in mente vedendo la ragazza in rosso, ferma davanti al getto dell’idrante, che è diventata il simbolo della rivolta in Turchia. Ci sono avvenimenti che grazie a un’immagine si imprimono con forza nei nostri ricordi. Ce ne sono altri che scivolano via dalla memoria, scalzati da nuove foto e nuovi drammi. La nostra coscienza non è abbastanza grande per contenere tutto. Abbiamo visto le statue dei tiranni cadere, le immagini rubate dai telefonini a Teheran, lo tsunami giapponese mentre cancellava un paese, i migranti stremati sulle carrette del mare, il reggiseno azzurro della manifestante egiziana picchiata dalla polizia. Siamo, o pensiamo di poter essere con i nostri occhi ovunque, nel mondo. Ma ci sono anche i drammi invisibili, quelli cancellati dalla ripetitività. Continua a leggere “Imàgenes Trasmundo”
McDonald’s. Il panino trafitto e mai sconfitto.
E così sta per debuttare la McInsalata di pasta Barilla. Nel 2011 era stata la volta del McMenù d’autore firmato da Gualtiero Marchesi. L’anno precedente il ministro Zaia aveva battezzato i primi McItaly, con la crema di carciofi al posto del ketchup. Il Guardian parlò di bancarotta morale, ricordate? Lo sdoganamento arrivò dopo capillare demonizzazione del classico hamburger con patatine. “La modevna veincavnazione dello sfvuttamento opevaio” (Fausto Bertinotti), “causa prima della disgregazione del focolare domestico” (George Ritzer), “l’anima bieca della globalizzazione” (Naomi Klein), “segno dell’ ateismo in cui sprofonda la civiltà occidentale” (Massimo Salani). Nel 2002 la casa ci scherzò su comprando una pagina sul Corriere nel giorno del martire trafitto, col panino che si chiedeva: “Chi sono io, San Sebastiano?”. Poi forse è stata la crisi, più delle politiche commerciali, a riabilitare il fast-food anche a sinistra, con tanto di lettera di Chicco Testa al Riformista. Il Lombardo e il Tirolese, il Vivace e l’Adagio passano, lui resta. Il big Mac, capostipite di tutti i panini, l’intramontabile, l’immarcescibile. Afflitto ma mai sconfitto.
L’Aquila. Lo scivolone non era imprevedibile
Charles Richter, il sismologo che ha creato l’omonima scala, una volta ha detto: “Quello delle previsioni sismiche è un terreno di caccia ideale per dilettanti, svitati e gente in cerca di pubblicità”. Chissà come commenterebbe oggi le motivazioni della sentenza del Tribunale dell’Aquila, che condanna i tecnici responsabili del restauro alla Casa dello studente. Proprio l’impossibilità di prevedere l’arrivo di una scossa fatale sarebbe un ottimo argomento per sostenere che le norme antisismiche vanno rispettate e la negligenza punita. E invece no: il giudice Giuseppe Grieco ha voluto sbagliare per forza. “La scossa non era imprevedibile”, ha scritto. Nature e Science prendano nota, c’è da fare un altro editoriale sull’Italia. A pensarci bene l’ennesimo scivolone non era imprevedibile.
Roma 2013, gli slogan
Per la corsa a sindaco di Roma Alfio Marchini ha scelto: “Tu mi ami ancora?” (slogan Sip, o soap). Alemanno preferisce non chiedere (“Continuiamo insieme”). David Sassoli opta per “Cambiare è capitale” (occhio al verbo, se salta l’effetto è bossiano). Ignazio Marino osa un “Daje”, già scartato dai grillini (slogan nemmeno-i-Cesaroni). Marcello De Vito vira su “Usciamo dal buio” (Fiat lux a risparmio energetico). L’altra opzione del M5S era “Ridisegnamo la città” (slogan controllo-ortografico-disattivato). E pensare che ci sono studiosi convinti che la grammatica serva a vincere le elezioni.
Grillotopia
Come potrebbe diventare l’Italia se il Movimento 5 Stelle avesse la maggioranza assoluta? Per provare a immaginarlo prendo in mano “Ecotopia”, un vecchio classico dell’ambientalismo recentemente tradotto da Castelvecchi. Chissà se Beppe Grillo l’ha letto, questo romanzo del verdissimo Ernest Callenbach. E’ il diario di un giornalista americano, il primo ammesso a visitare la futuribile nazione di Ecotopia, nata nel 1980 dalla secessione di Oregon, Carolina del Nord e Washington. Il presidente è una donna, la cui forza pare derivi dalla personalità e non dallo status da burocrate (una qualità che si dice avesse Mao Tse-tung, annota il reporter). I ministri ti ricevono adagiati per terra sui cuscini e ti preparano il tè. Le riunioni non hanno alcun ordine del giorno formale. La settimana lavorativa dura 20 ore. Continua a leggere “Grillotopia”
Nuovo Dizionario Palliativo
Una non-vittoria è una sconfitta. Un collaboratore scolastico è un bidello. Ma una single non è una zitella e un rom non è uno zingaro. Alcune parole servono a nascondere la verità, altre a imbellettarla, altre ancora a correggere i pregiudizi. Nemmeno la scienza è immune al rebranding linguistico. Il problema è che, di solito, le operazioni di immagine non funzionano. La clonazione ha avuto cattiva stampa, eppure se funzionasse potrebbe trovare utili applicazioni. Ed ecco che per lavare lo stigma qualcuno in passato ha proposto di cambiargli di nome. Non più clonazione ma “trasferimento nucleare”. Definizione tecnicamente perfetta, peccato che non possa sfondare. Anche OGM ha assunto per molti una connotazione negativa, e per di più è un’espressione ingannevole, perché lascia intendere che tutto quel che non è transgenico sia come natura l’ha fatto. Ma ormai è entrata nel linguaggio comune. Inutili gli sforzi di chi ha provato a tenere l’acronimo modificandone il senso in “organismo geneticamente migliorato”. L’ultimo tentativo di PR nel gergo scientifico riguarda le tecnologie per ricatturare l’anidride carbonica immessa in eccesso nell’atmosfera. Continua a leggere “Nuovo Dizionario Palliativo”
Homo metaphoricus
Sarà che Homo sapiens a volte appare davvero insipiens. Fatto sta che prendere il nostro genere (Homo) e accompagnarlo con un aggettivo latineggiante diverso è un espediente comunicativo praticamente inesauribile. Sempre buono per dare un nome a teorie, libri, articoli di giornale… Homo faber non è solo un romanzo di Max Frisch, ma è anche un tributo a Frabrizio De Andrè. Homo ludens pone l’accento sull’importanza culturale del gioco (Johan Huizinga, 1938). Homo noeticus è l’uomo nuovo, fantomatico punto di arrivo del nostro futuro processo evolutivo (profetizzato da Pierre Teilhard de Chardin e resuscitato dal pensiero new age). Homo sovieticus serve a descrivere la degenerazione delle politiche comuniste. Homo videns è il titolo di un libro di Sartori sul potere della tv. Ma sono stati teorizzati anche Homo oeconomicus, Homo reciprocans, Homo poeticus, Homo fictus… Piero Pelù cantava: “Risolvi con la clava tutti i problemi tuoi… Homo europeus alzi il trofeus. Homo europeus più potente di Zeus. Homo europeus nel grande rodeus”. Tacciamo sull’Homo italicus, di cui sarebbe possibile dire di tutto di più. Dalla sottocultura dell’Homo eroticus (una commedia sexy anni ’70), metafora dopo metafora, possiamo arrivare alla vetta di Durkheim e dell’Homo duplex (individuale e sociale). Ce n’è abbastanza per teorizzare l’Homo metaphoricus. Per sua natura multiplex.