E così sta per debuttare la McInsalata di pasta Barilla. Nel 2011 era stata la volta del McMenù d’autore firmato da Gualtiero Marchesi. L’anno precedente il ministro Zaia aveva battezzato i primi McItaly, con la crema di carciofi al posto del ketchup. Il Guardian parlò di bancarotta morale, ricordate? Lo sdoganamento arrivò dopo capillare demonizzazione del classico hamburger con patatine. “La modevna veincavnazione dello sfvuttamento opevaio” (Fausto Bertinotti), “causa prima della disgregazione del focolare domestico” (George Ritzer), “l’anima bieca della globalizzazione” (Naomi Klein), “segno dell’ ateismo in cui sprofonda la civiltà occidentale” (Massimo Salani). Nel 2002 la casa ci scherzò su comprando una pagina sul Corriere nel giorno del martire trafitto, col panino che si chiedeva: “Chi sono io, San Sebastiano?”. Poi forse è stata la crisi, più delle politiche commerciali, a riabilitare il fast-food anche a sinistra, con tanto di lettera di Chicco Testa al Riformista. Il Lombardo e il Tirolese, il Vivace e l’Adagio passano, lui resta. Il big Mac, capostipite di tutti i panini, l’intramontabile, l’immarcescibile. Afflitto ma mai sconfitto.
Se la scienza sorride ai grassi
L’ortodossia la conoscete tutti: i magri vivono a lungo, i grassi, beh, peggio per loro. Capirete dunque la sorpresa di sfogliare Nature del 23 maggio e trovarvi un lungo articolo che sostiene il contrario. “Un numero crescente di studi – recita il sommario – dimostra che essere sovrappeso non sempre accorcia la vita, ma alcuni specialisti di salute pubblica preferiscono non parlarne”. Intendiamoci, nessuno mette in dubbio che l’obesità aumenti il rischio di diabete, malattie cardiache, cancro e varie patologie croniche. Ma il paradosso è che “per alcune persone – soprattutto dalla mezza età in poi, o se si è già malati – un po’ di peso extra non è particolarmente dannoso, anzi potrebbe essere utile”. La relazione tra l’indice di massa corporea (BMI) e la mortalità disegna una curva a U, in cui il valore ottimale del peso aggiustato per l’altezza aumenta nel corso della vita. Fate i vostri calcoli e date un’occhiata al grafico. Continua a leggere “Se la scienza sorride ai grassi”
Gli Ogm, l’Africa e noi
Sono passati trent’anni da quando dei ricercatori hanno annunciato per la prima volta di poter trasferire dei geni estranei funzionali nelle cellule vegetali. Oggi quella rivoluzione è una realtà, seppure incompiuta. Sulla strada dell’innovazione genetica in campo agrario si sono messe di traverso regolamentazioni restrittive, diffidenze, leggende metropolitane. O li odi o li ami gli Ogm (sebbene molti continuino a non saperne granché). Se fossi uno dei due toast in copertina su Nature, io sarei quello che sorride. Non solo ho letto e scritto molto sugli Ogm (come firma italiana di Nature Biotechnology). Ne ho visti e toccati tanti, in serre e campi sperimentali, tra l’Enea e l’Università della Tuscia. Li ho anche mangiati, come molti di voi. Avete mai conosciuto qualcuno che abbia rinunciato ad andare negli Usa o in Brasile per evitare i cibi transgenici? Non credo. Ciononostante un intreccio di fattori politici, economici e culturali hanno spinto l’Italia e altri paesi europei a volersi fregiare dell’appellativo Ogm-free. Possiamo permettercelo (almeno per ora). I mangimi (Ogm) li importiamo senza coltivarli. E la maggioranza di noi ha (ancora) il frigo abbastanza pieno da essere poco interessata ad aumenti di produttività e riduzione dei costi di produzione. Ma mettetevi nei panni di una donna kenyota, che fatica a mettere insieme un pasto al giorno per i suoi bambini. Nel paese africano un quarto della popolazione è malnutrita, eppure il governo si è concesso il lusso di vietare l’importazione degli stessi prodotti transgenici che vengono consumati tranquillamente da oltre un decennio in America. Il problema è tutto qui: l’Europa ha esportato non tanto il suo cibo ma le sue politiche precauzionali in zone del mondo in cui c’è bisogno di innovazione agraria come del pane. Voler decidere per loro è una forma di colonialismo culturale? Continua a leggere “Gli Ogm, l’Africa e noi”
Il sortilegio delle patatine
Mangiare patatine è diabolicamente piacevole. Difficile fermarsi prima di aver svuotato il pacchetto. Lo sappiamo tutti e lo confermano i neuro-nutrizionisti: c’è qualcosa nella composizione di questo snack che ci induce a sgranocchiare anche quando non abbiamo appetito. Cos’è di preciso? Se ne parlerà oggi 11 aprile al meeting dell’American Chemical Society, ma dopo una scambio di email con il relatore Tobias Hoch posso rivelarvi…che l’arcano non è stato completamente svelato.
Un recente articolo del “New York Times” ha azzardato la formula perfetta dei cibi irresistibili: [sale + grassi al quadrato/ sgranocchiamento] x gusto. Si tratta di uno scherzo, ovviamente. E’ un po’ come dire crock per slurp uguale gnam. Ma se esistesse davvero, probabilmente, la formula della patatina-che-tira-l’altra sarebbe più complicata. Continua a leggere “Il sortilegio delle patatine”