Fedele – non so quanto consapevolmente – ad una famosa osservazione di Roland Barthes, quella per cui “quando i corpi sono nudi gli sguardi sono vestiti”, l’autrice ricopre il testo, cambiando continuamente i panni del suo discorso, un po’ come Bettie Page, musa ispiratrice di Dita von Teese, che rivestiva la nudità con la forza sfrontata e birichina del suo humor. (Dalla recensione pubblicata sul Sole 24 ore il 24 gennaio 2016)
Scrive Pino Donghi

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